mar
04
2015
In primavera verrà pubblicato uno studio americano su poco meno di 60.000 donne operate di mastectomia (vedere la sezione approfondimenti) per tumore del seno localmente avanzato.
Per queste persone il protocollo di terapia prevede chemioterapia e radioterapia, soprattutto se i linfonodi dell'ascella sono colpiti da metastasi.
Infatti, è dimostrato che la radioterapia è efficace nell'aumentare la sopravvivenza e diminuire le recidive anche nelle pazienti in cui la malattia è estesa ai linfonodi dell'ascella.
Il risultato dello studio è sorprendente, perché dimostra che solo il 65% delle donne accetta di sottoporsi a radioterapia dopo mastectomia con svuotamento ascellare e chemioterapia, nonostante questo trattamento sia definitivamente considerato il gold standard fin dal 2000.
Si potrebbe pensare che il sistema sanitario statunitense, che notoriamente non copre i cittadini in modo universale come il nostro, sia responsabile dell'abbandono delle terapie costose da parte delle fasce più deboli della popolazione.
Invece, la rinuncia alla radioterapia salvavita avviene prevalentemente tra le donne dotate di assicurazione sanitaria privata, con elevato reddito, con elevato grado di istruzione, abitanti nelle aree metropolitane e di razza bianca. Cioè tra quelle donne per le quali dovrebbe essere più facile accedere a cure di livello superiore e con maggiori possibilità di comprenderne l'importanza.
Ancora più sorprendente è il fatto che rifiuta la radioterapia soprattutto chi ha già rifiutato la chemioterapia, manifestando, così, una vera e propria rimozione psicologica del problema cancro, che le porta ad un risultato molto peggiore in termini di sopravvivenza e di recidive.
L'atteggiamento non collaborativo di questo gruppo di donne cambia se si rende necessario un secondo ricovero nel primo mese dopo l'intervento.
I ricercatori notano che queste donne non vengono ricoverate la seconda volta per eseguire la radioterapia, ma per altri motivi: tuttavia approfittano di questo secondo ricovero per correggere il loro atteggiamento e richiedere il completamento del trattamento antitumorale.
Lo studio americano, tuttavia, non chiarisce se sono realmente le donne operate a rifiutare la radioterapia o se sono i loro medici a non proporre il trattamento raccomandato con la sufficiente chiarezza.
Ancora una volta si deve constatare che un passo fondamentale per la cura del cancro del seno è il rapporto personale tra i medici e le loro pazienti.
Ogni donna è una persona speciale, che deve essere accompagnata passo passo lungo tutto il percorso terapeutico e deve trovare nei medici e nel personale a cui si affida delle persone attente, che prendono a cuore anche le ansie e i timori di chi affronta questa malattia.